Considerazioni “politicamente scorrette” su cosa significa davvero andare in motocicletta.
Molti pensano che per essere motociclisti basti acquistare una moto e prenderla una volta ogni tanto, parlarne in “società” per impressionare i presenti e “integrarsi” al meglio, spacciandosi per “qualcosa di oltre”. Non è così, almeno per come la vedo io.
Essere motociclisti non significa solo possedere una moto come crede qualcuno. Nemmeno significa andare in moto in città per un utilizzo quotidiano. Essere motociclisti significa desiderare ardentemente una silenziosa solitudine, impugnare un manubrio saldamente tra le mani e concedersi ai chilometri, senza sosta, per il desiderio di essere in sella.
Essere motociclisti significa immergersi in un flusso di vita, non fare una scampagnata. Sentirsi cavalieri solitari, aquile che non volano a stormi, depositari di una weltanshauung.
Detta così può suonare eccessiva. In realtà, trovo più eccessivo chi spende migliaia di euro per motociclette o automobili di valore, solo perché ha la fortuna di poterselo permettere, ma senza incarnare quel guizzo che ogni autentico motociclista, anche il felice possessore di una economica moto cinesissima, riesce ad avere.
Motociclista in fuga dal mondo
Faccio un esempio. Come ogni venerdì, se mi è possibile, nei miei “venerdì della motocicletta”, decido di trascorrere una giornata (torrida ma politicamente corretta, nonostante la disinformazione perché siamo a metà luglio) con Brunilde, la mia Gs Adventure 1250 da 1000 km al mese, più o meno. Una motocicletta con cui “fuggo dal bar” non vado al bar, sia chiaro.
Una motocicletta blasonata che ai detrattori piace pensare si cavalchi in mocassini e risvoltini. No, si può avere “il mocassino dentro” anche con una moto che si paga poco e con cui si gioca a fare gli alternativi. La Gs è da “carristi” se la si vuole concepire per quel che é.
Essere un autentico motociclsta vuol dire avere uno stile di vita. Significa andarsene per contro proprio, è attività solitaria, al contrario di come molti pensano, significa macinare chilometri per il gusto di farlo. Senza troppe soste e “svaghi”.
Ci si mette in sella per fuggire spesso dal mondo che non ci piace, per pregare un Deus Absconditus, per trovare senso. Faccio la stessa cosa quando cammino e nuoto. Attività solitarie, né di squadra, né di gruppo.
Autentico motociclista è anche il vero vespista
Ecco perché, sin da adolescente, lasciavo la passione per il calcio, così consueta, agli altri. Sulla propria motocicletta ci si immerge nel paesaggio e si dialoga con l’inesprimibile. Si cercano costantemente i propri sogni, a qualsiasi età. Ricordo che una volta, un bravissimo e noto meccanico, Marco Conti, figlio del celebre Luciano Conti, ebbe a raccontarmi del padre e di quel “piacere virile” che era l’amdare in moto, definendolo come mototerapia. Parola non bella ma che dice semplicemente ciò che è: la motocicletta che cura.
Ripeto: per avere una siffatta visione del mondo, non basta avere una moto potente. Serve essere portatori di un mondo. Ancora un esempio. Un vespista che percorre le strade del mondo consumando le sue “ruotine”, spaccandosi la schiena su un messo leggendarrio, ecco, anche lui è un autentico motociclista pur non possedendo chissà chissà qual mezzo potente.
La potenza gli proviene da ciò che esprime. Sino stato per molti anni vespista e non ho potuto che farmi le ossa sull’indistruttibile lamiera di una leggendaria due ruote (ne ho avute ben 3 e ci ho percorso chilometri e chilometri). Ho dato voce in questo spazio a un personaggio mitico come Giorgio Càeran. E raccontato di Luca Bertelli su Green Planet News. Non posso che definirli autentici motociclisti.
In un mondo fatto di influencers (ma sarebbe più corretto dire influenzati, dalle mode e dal sistema) e personaggi sempre più discutibili che spacciano la debolezza per valore, è necessario fare chiarezza. Avere una visione del mondo non è cercare like ma provare a esercitare “il pathos delle distanze”. Come in moto.
Quando percorro in solitaria o in compagnia (al massimo in due) le mie strade polverose, le mie soste sono poche. Solo per un pasto veloce (adoro fermarmi sulla Tuscanese che vi consiglio, davanti ad una chiesetta abbandonata che io chiamo la chiesetta del Magnifici Sette perché in puro stile western), e godere dell’attimo. In quel momento un autentico motociclista sente di “esistere”.
Chi invece pensa di dover impressionare gli altri “in società” parlando di un mezzo parcheggiato in garage è un po’ come l’incolto proprietario di un Rolex (orologio che ho sempre detestato). Desiderio di rivalsa da “arricchito o da vorrei ma non posso (se prevalgono le rate) ma con poca consapevolezza.
Del mondo e di come impiegare al meglio il proprio tempo. Che fugge via molto più dei rettilinei su cui scaldiamo i nostri motori. Buone cavalcate a tutti, motociclisti e possessori di moto. Col vento in faccia e le scarpe sporche, possibilmente. Per mocassini e risvoltini c’è sempre il bar sotto casa.
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