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1899, il cinema dell’assurdo che però acchiappa

Il brivido dell'imprevedibile in una serie in cui ti fai molte domande

Tempo di lettura: 3 minuti

“Decifrare” la serie ideata da Netflix è una vera impresa ma conduce a quel disordine creativo che ci regala emozioni

1899 ha tutte le caratteristiche per incollarti allo schermo: cambia genere e registro ogni 10 secondi, passa dall’horror al dramma, poi diventa porno, gay, fantascientifica e poi ritorna ad essere Titanic, Matrix e chi più ne ha più ne mettauovo horror, poi Titanic. I dialoghi alludono e ammiccano, la colonna sonora pare più dark di Dark mentre le domande scorrono rapidamente nella testa dello spettatore (tipo perché la cinese è vestita da geisha e perché, in mezzo a un casino del genere, trova spazio l’amorazzo veloce tra il buono e il cattivo o anche come fa lo scarafaggio ad introdursi e scassinare le serrature): siamo, in sostanza, alla sindrome di Lost, Manifest e ancora Dark, da cui 1899 proviene per genialità creativa.

Infatti, prima di 1899, ormai è conclamato, i tedeschi Jantje Friese e Baran bo Odar hanno dato vita per Netflix alla serie intitolata Dark, a mio avviso la vetta della costruzione architettonico-narrativa del complicato e dell’assurdo. Una sorpresa quando l’ho vista. Tutti ‘sti crucchi mezzi rossi e più magri e famelici dei legionari di Massimo Decimo Meridio che viaggiano nel tempo, abusano di energia atomica, intrecciano le famiglie al limite dell’incesto e poi non paghi scatenano una specie di guerra nucleare che altro non è che un divorzio ben poco consensuale tra Adamo ed Eva, insomma, è da reparto neurologico però acchiappa. Ma quando uno smette di farsi domande su che vuol dire tutto, ecco la rivelazione: una straordinaria costruzione che sintetizza la meraviglia della narrazione più eccelsa.

Come diceva Čechov, forse, se all’inizio di una storia si parla di un chiodo prima o poi a quel chiodo qualcuno s’impiccherà. È questa la forza del racconto: seminare elementi per essere raccolti, rimessi in ordine, spiegati, a volte addirittura fatti esplodere. Il nostro cervello funziona così, ha bisogno di rimettere in ordine consequenziale i pezzi. Ma la potenza della letteratura e dell’arte è di farsi beffe di quell’ordine, sovvertendolo per farci arrivare ad esso in un caos emotivo. Come fa Dark e, in parte, anche 1899

Le storie lineari così come quelle più contorte, e 1899 è più contorta di Dark, funzionano proprio perché alla fine ci riportano ai temi universali: l’amore, la morte, la coscienza, la famiglia, la libertà, la verità, la giustizia. Questa è letteratura. Ma non ci può aspettare che uno strumento che tenta di conoscerci e interpretarci segua sempre i percorsi battuti, si accontenti delle solite formule. Il nostro desiderio di sentirci rassicurati da schemi monotoni e sequenziali deriva dalla paura di abbandonare il controllo: so cosa succederà e mi sento più tranquillo. In serie come 1899, o come Dark e Lost, il bello sta nel lasciarsi accompagnare non si sa bene dove. Come in un film horror dove hai sempre paura degli angoli perché può saltarti addosso la bambina di The Ring.

Il brivido dell’imprevedibile è ciò che rende mirabili queste serie così complesse. E se alla fine non tutti i dubbi hanno risposta, non tutte le cose saranno spiegate a dovereomunque avremo vissuto una bella avventura. Lasciamoci andare ogni tanto, addentiamoci un dolce la sera anche se fa ingrassare, freghiamocene di vedere chi non vogliamo e immergiamoci nel cinema che ci spariglia. Scapigliati e in subbuglio, avremo sicuramente più cose da raccontarci. Soprattutto alla seconda stagione di 1899, per capire dove l’astronave della scena finale ci sta conducendo.

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